Partiamo dalla storia di Maria, dalla sua cartapesta e dalla sua bottega, che oggi ha compiuto ben trent’anni di vita.
Una donna giovane, che ha iniziato in tenera età e come dice lei “non ha avuto scelta”, l’arte di suo nonno era intrinseca in lei, l’ha conquistata sin dalla sua prima volta.
Maria non si è fermata all’insegnamento del nonno, ormai certa di ciò che voleva fare nella sua vita, ed anche contro la volontà della madre che mai avrebbe voluto per lei un mestiere del genere, ha scelto di frequentare diverse botteghe su Lecce e provincia, cercando di apprendere le tecniche più svariate di ogni maestro cartapestaio presente nel territorio.
Ad un certo punto della sua carriera da cartapestaia ha aperto la sua bottega, ha comprato dei piccoli locali di fronte a Santa Croce a Lecce e il dado è tratto.
La cartapestaia ha sfidato la sorte; era solito dire che nessuno avrebbe avuto il coraggio di aprire ancora una bottega davanti a Santa Croce, i turisti si perdono nella sua bellezza e non guardano altro. Maria invece ci dice: “è vero, tutti si perdono davanti alla bellezza di Santa Croce, mi sembrano tanti mbriachi, ma poi guardano anche me”.
Lavorare la cartapesta non è da tutti e non è per tutti, c’è una lunga lavorazione dietro e tanto tempo da dedicare. Un continuo lascia e prendi, come in cucina, ci racconta Maria.
Il turista a Lecce è comu nu briacu, si perde per strada.
Maria, Arcona Ratta
La ricetta della cartapesta prevede tanti passaggi e viene cucinata; perché, per il Bollito non è la stessa cosa?
Il bollito viene cucinato con 18 passaggi: si sbuccia la cipolla, si stecca infilando i chiodi di garofano nella sua polpa, si lega con uno spago da cucina timo, prezzemolo e alloro, si pelano le carote, si spunta il sedano, si cucinano le verdure, si immerge carota, cipolla, sedano e prezzemolo. Si aggiunge del sale e si porta tutto a bollore. Si lega la carne con uno spago da cucina che gli darà la forma in cottura e si aggiunge in pentola, con la schiumarola si tolgono le impurità a galla, si aggiungono i grani di pepe e si abbassa il fuoco che deve andare per almeno 3 ore.
Appena cotto si scola e si fa sgocciolare, si elimina la legatura, perché oramai ha preso la sua forma, e si taglia a fette.
Infine si dispone su un piatto da portata e si serve ai collegiali, in tutta la sua bontà.
La Cartapesta prevede molti più passaggi di un bollito! Il processo, che richiede fino a ventotto giorni per creare delle statue di cartapesta e anche tre mesi per statue più grandi, nasce da un’anima di ferro filato che viene avvolto da fasci di paglia che vengono modellati per mezzo di giri di spago al fine di dare una prima forma grezza all’opera.
Viso, mani e piedi si realizzano con cura in terracotta.
Ad un certo punto del processo si “veste la figura impagliata” incollando i fogli di carta, strato su strato, con una colla a base di acqua, farina e un pizzico di solfato di rame (detto ponnula) che servirà in seguito per tenere lontani i tarli.
Dopo aver lasciato la statua ad asciugare per alcune ore, si procede con la fuocheggiatura tramite cui si modella la statua servendosi di piccoli cucchiai arroventati che ne consolidano la struttura e fissano le movenze e le pieghe. La fuocheggiatura si ottiene accendendo la fornacella con carboni roventi, ferri incandescenti si passano sulla carta per donare alla statua un effetto bruciato e un colore naturale per gli abiti che sembrano fatti di stoffa.
Con la focheggiatura si toglie l’aria alla statua che si prepara la stessa per il processo di leggera gessatura, effettuata con colla di coniglio e caulino, anche detto gesso di Bologna, ottima base per i colori naturali e la doratura. Ingessata l’opera, si raffina con carta vetro e si lava con acqua tiepida.
Lo step finale è focalizzato su tutti i dettagli della figura che vogliamo creare: dalla stuccatura e levigatura, alla colorazione e decorazione dei particolari.
Infine si poggia su di una base e si serve agli occhi dei clienti, in tutta la sua bellezza.
In un mondo di cartapesta sembra grottesco ridere ancora, ma il senso dell’umorismo ci salverà.
Sergio Pizzuti, scrittore e poeta
I vecchi maestri cartapestai da cui Maria ha carpito le tecniche dicono che la fuocheggiatura sia il segreto della cartapesta, con la forgiatura a fuoco gli abiti è come se si “cucinassero”, diventando quasi reali: movenze e pieghe prendono forma e la statua consolida la sua struttura.
Così come un bollito segue un processo lungo: “all’atto della cottura prenderà la forma che noi gli abbiamo dato” dice Maria.
Il cartapestaio è un chef stellato, ma non lo sa, aggiungiamo noi.
L’articolo parla di Maria, Arcona Ratta, Cartapestaia de La casa dell’artigianato leccese.
Via Giacomo Matteotti, 18, 73100 Lecce LE
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