Impiegata in tutto il mondo, dall’Occidente all’Oriente, realizzata nelle padelle, nei tegami o nei wok, la frittura è uno dei metodi di cottura più antichi (posteriore solo alla cottura sul fuoco e alla bollitura) e nel contempo più golosi e apprezzati, basato sull’immersione degli alimenti in un grasso bollente. Sotto il profilo evolutivo, la frittura, richiedendo la mediazione di un recipiente adatto (un manufatto culturale), resistente al fuoco e impermeabile, e di un grasso, rappresenta una forma di cottura più avanzata culturalmente e anche più elaborata rispetto all’arrosto – che non richiede altri mezzi se non il fuoco diretto – e persino rispetto alla bollitura. La sua storia trova origine nell’antico Egitto, attraversando tutte le epoche per arrivare fino ai giorni nostri, dove si è diffusa anche la frittura con lo zucchero (il glucosio in grani o in polvere), senza l’uso di olio o burro, per ottenere un fritto più leggero senza tuttavia rinunciare al gusto e alla croccantezza. È a tutti noto del resto che la frittura rende qualsiasi cibo molto appetitoso. Per questa ragione c’è chi friggerebbe di tutto.
Da nord a sud, ogni regione della nostra Penisola a partire dalle sue tradizioni ha declinato la frittura in molteplici modi usando il burro, lo strutto o l’olio per preparazioni dolci e salate: dalla cotoletta alla milanese, alle melanzane, passando per la pizzella napoletana, i supplì, gli arancini siciliani, i tortel di patate trentini, le polpette, i bignè, le olive all’ascolana, lo gnocco fritto emiliano, i fiori di zucca, i panzerotti pugliesi, le seadas sarde, il baccalà in pastella, il carciofo alla Giudia, le zeppole, i bignè di San Giuseppe, le crespelle di riso catanesi e tante altre. Non v’è dubbio, perciò, che la frittura conquisti tutti: ma bisogna anche riconoscere che c’è fritto e fritto! E se c’è una cosa che fa la differenza nel fritto, ancora più della materia prima, è sicuramente il grasso utilizzato, perché la frittura è la modalità di cottura che ne mette più a dura prova la stabilità, dal momento che riscaldato ad alte temperature può ossidarsi sviluppando sostanze tossiche per l’uomo. L’olio è decisamente il grasso più adatto per friggere, ma anche in questo caso c’è olio e olio. Quanto al burro, oltre a essere ricco di grassi saturi (come lo strutto e il lardo), che vanno consumati con moderazione per i loro effetti sulla salute, avendo un punto di fumo molto basso, è il grasso meno adatto per le fritture, a meno che non si usi il burro chiarificato (privato cioè dell’acqua mediante evaporazione) per innalzarne il punto di fumo fino a 200-220ºC.
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Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene
Virginia Woolf
L’olio extravergine d’oliva (EVO), il più “nobile dei grassi”, ma anche il condimento-alimento simbolo della Dieta Mediterranea, è certamente uno degli oli migliori e il più salutare anche per la frittura, perché la sua alta percentuale di grassi monoinsaturi (i più stabili e resistenti alle alte temperature) e di antiossidanti (fenoli di vario genere e vitamina E, che ne proteggono peraltro l’integrità, ritardandone la degradazione) lo rende più resistente alle alte temperature e gli conferisce una maggiore stabilità all’ossidazione rispetto alla maggior parte degli oli da seme, favorendo la formazione di quella crosticina dorata superficiale (frutto della reazione di Maillard, la stessa che si innesca nella carne grigliata) che conferisce più croccantezza ai cibi, impedendo loro, peraltro, di impregnarsi di olio, rendendo così la frittura meno unta, meno tossica, più ricca di antiossidanti e più saporita. Senza contare, poi, l’aspetto sensoriale dell’olio EVO, cioè quella carica aromatica che apporta modificazioni più o meno rilevanti del cibo fritto. Bisogna altresì riconoscere che la croccantezza, dipendente dal livello di disidratazione dell’alimento, insieme alla leggerezza, legata all’assorbimento di materia grassa durante la cottura (tanto maggiore quanto minore è la quantità di grasso assorbito) e alla temperatura di frittura, sono sinonimo di un fritto ben fatto. Ultimo non ultimo, va detto che la frittura migliore, sotto il profilo organolettico, deve mantenere il sapore originario del cibo senza alterarne l’equilibrio gusto-olfattivo.
L’olio EVO è uno dei pochi oli (insieme a quello di palma, ricco però di grassi saturi, cattivi e dannosi per le arterie) che ha un “punto di fumo” alto (arriva fino a circa 210°C), adeguato cioè alla frittura (il punto di fumo è la temperatura a cui scaldando un certo olio si comincerà a produrre fumo in modo continuo: quella ideale va da un minimo di 160˚C a un massimo di 180˚C, nei valori al di sopra di questa soglia l’olio inizia a bruciarsi e quindi a rilasciare tossine). La capacità dell’olio di sopportare le alte temperature è uno dei parametri che garantisce una frittura sana: quanto più alto è il punto di fumo di un olio, tanto maggiore sarà la sua resistenza alle alte temperature.
Occorre inoltre sfatare anche il luogo comune della sua “pesantezza” a livello digestivo rispetto agli oli di semi, pesantezza che eventualmente dipende da altri fattori ma non certo dall’olio (l’olio EVO contiene elevate quantità di acido oleico, un acido grasso monoinsaturo che anzi favorisce la digestione, insieme a una modesta presenza di acidi grassi saturi e polinsaturi).
Ovviamente l’olio EVO si “sente” di più, nel senso che conferisce un sapore e un aroma più intenso ai fritti, quindi la sua scelta – tra un fruttato leggero, uno medio e uno intenso – è legata al gusto soggettivo. Per di più è un prodotto naturale, l’unico olio che è una pura spremuta di frutta ottenuta attraverso un processo di estrazione meccanica a freddo, perché non raffinato chimicamente come la gran parte degli oli di semi. Tra gli oli di semi il più adatto alla frittura è quello di arachidi (punto di fumo circa 180˚C), anch’esso ricco di grassi monoinsaturi – specialmente per le preparazioni dolciarie – scelto anche per il suo sapore leggero. Di recente alcuni chef tendono a usare l’olio di vinaccioli ricavato dai semi dell’uva (anche quello non raffinato) per friggere, perché ha un alto punto di fumo ed è estremamente leggero. Tuttavia, oltre a contenere grassi insaturi (come gli Omega 6, consigliati per chi soffre di patologie cardiovascolari) e vitamina E, è ricco di grassi polinsaturi (grassi buoni che diventano cattivi ad alte temperature) che possono
trasformarsi in sostanze estremamente dannose per l’organismo specialmente quando se ne fa abuso.
Gli oli di semi di girasole, di mais e di soia, invece, oltre a essere ricchi di grassi polinsaturi, tendono a deteriorarsi facilmente se esposti all’aria e alle alte temperature, quindi sono i meno adatti per friggere. Pur usando un olio di qualità, per ottenere una buona frittura occorre poi rispettare alcune regole di base: la cottura per immersione in abbondante olio è in genere la migliore, perché la temperatura rimane costante e i cibi assorbono meno olio e restano più croccanti e asciutti.
Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo
Oscar Wilde
Occorre asciugare bene gli alimenti prima di immergerli nell’olio, friggerli un po’ alla volta per evitare che si abbassi la temperatura dell’olio e poi scolarli, evitare di mettere il sale e altre spezie in cottura perché possono alterare l’olio. È preferibile quindi condire i cibi a cottura ultimata, cioè prima di mangiarli e dopo averli adagiati su una carta assorbente.
Tra i consigli per l’uso dell’olio EVO in frittura: proteggerlo sempre dalla luce, dall’aria e dal calore (una regola da seguire a prescindere dall’uso che si fa dell’olio); meglio non rabboccarlo (non aggiungere cioè olio fresco a quello già usato, visto che il primo si altera molto più rapidamente a contatto con l’olio usato); sostituirlo quando diventa scuro e viscoso. Regole che valgono, ovviamente, anche per l’uso di altri oli.
Per essere buona una frittura ha costi leggermente elevati, ma non bisogna sottovalutare mai che la salute, oltre al piacere gustativo ovviamente, è un importante investimento per il futuro: quindi, se non vogliamo rinunciare a fritti, frittate e frittelle, meglio puntare sulla qualità anziché sulla quantità.
Per chi volesse approfondire, alcuni suggerimenti di lettura:
L. Caricato, G. Capano, Friggere bene, Tecniche Nuove, 2009).
L. Caricato et al., Succo di olive. Guida ragionata alla conoscenza degli oli, dalla produzione al consumo consapevole, Olio Officina Edizioni, Milano.
M. Larentis, S. S. Nicola, S. Bonamico, Olio extravergine d’oliva, Hoepli, Milano, 2016.
R. Cavalieri, I sensi e la lingua dell’olio: Appunti per un degustatore amatoriale, Olio Officina Edizioni, 2018.
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