Amativo, giuro che ti riberrò!

La bottiglia e l’etichetta avevano un fascino misto fra l’eleganza e l’essenzialitá.

by Edmondo Petito
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Nella vita capita spesso che in modo del tutto inatteso accadano eventi che rimangono scolpiti nella mente, nel cuore…ma anche al palato. Fu così che, in una fredda giornata di tramontana, durante una breve permanenza in Salento, in un ristorantino vocato ai piatti tipici di questa terra affascinante e ammaliatrice, lessi per la prima volta questo nome: Vino Amativo Cantele. Erano i primi anni duemila. Decisi, dopo qualche breve domanda su quel vino al proprietario del locale, di provarlo. “Sentirá che spinta e che eleganza” mi disse soddisfatto l’oste.

La bottiglia e l’etichetta avevano un fascino misto fra l’eleganza e l’essenzialitá. E quel nome così evocativo, che richiama alla prima lettura l’amore. Invece, si tratta di una scelta felicissima per indicare l’origine: uve Negroamaro Salento (“AMA”) e Primitivo (”TIVO”), appunto AMATIVO.

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L’assaggio mi lasciò senza parole; nonostante fosse appena stappato rivelava con potenza la sua complessitá e contemporanea piacevolezza. Dopo qualche minuto nel bicchiere fu subito chiaro che l’incontro con questo vino si sarebbe ripetuto più volte, come in effetti é stato, negli anni successivi.

Rosso rubino, intenso. Profumi di rosa e viola persistenti e poi ancora pepe, frutti rossi, specie more. Il palato continua a rivelare la natura complessa di questo vino e al contempo piacevolissima.

L’azienda vinicola Cantele ha una storia che invito a esplorare. Poco o nulla viene lasciato al caso e, infatti, anche la descrizione di questo vino che propongono affascina e rivela la passione e la cura per i dettagli. 

L’Amativo è la coniugazione dell’atmosfera antica dei paesi del sud nella controra, ovvero il momento della giornata da tutti accettato come una tregua durante gli assedi del vivere quotidiano.  Una specie di concerto di silenzio, eseguito perfettamente da un’orchestra fatta di svariati tipi umani.

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Negli anni ho acquistato svariate volte qualche bottiglia, “faticando” non poco a lasciarla riposare ancora per qualche anno in cantina, scoprendo evoluzioni interessantissime con l’invecchiamento.

É un vino che si presta tanto al pasto quanto alla meditazione. 

Personalmente lo preferisco in questa seconda versione, ad accompagnare letture intriganti e bevuto con ascolti musicali di classe. 

L’ultima bottiglia, bevuta con un amico di sempre, ha accompagnato l’ascolto di un album blues sofisticato, come questo vino, ma mai difficile: ALBERT di Albert King, opera della seconda metá degli anni ‘70, che ci porta direttamente fra i grattacieli delle cittá metropolitane americane di quegli anni, così come questo vino porta direttamente alle campagne salentine che sprigionano profumi diversissimi nel corso delle stagioni e dei momenti della giornata, come magicamente descritto dai fantastici produttori di questo vino.

Quando tutto riposa, le parole sono richiamate a raccolta per lasciare il posto alla quiete lentissima ed a tratti surreale che aleggia tra i filari, dove le nuvole e le ombre passano per il piacere di vagare sino in fondo, il piacere di risalire la corrente verso l’inizio del tempo.

 

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